Nonostante i progressi degli ultimi anni, sul fronte della sostenibilità sembra tirare una brutta aria. La tensione geopolitica, il ritorno di approcci politici aggressivi e anti-ecologici, la disinformazione crescente e la crisi climatica stessa stanno generando un clima di incertezza. La recente fase politica statunitense, ad esempio, ha riacceso timori che pensavamo superati: può davvero la sostenibilità guidare le scelte politico-economiche globali?
Eppure, in questo contesto a due velocità – dove una parte della società difende l’Agenda 2030 e un’altra la attacca frontalmente – servono strumenti chiari per orientarsi. Il Rapporto di Primavera dell’ASviS 2025, intitolato “Scenari per l’Italia al 2035 e al 2050. Il falso dilemma tra competitività e sostenibilità”, prova a fare esattamente questo.
La sostenibilità conviene, anche sul piano economico
Il documento, redatto con Oxford Economics, presenta quattro scenari evolutivi per l’Italia, analizzando l’impatto della transizione ecologica sull’economia nazionale. Il dato più evidente? Investire nella sostenibilità conviene.
Decarbonizzazione, economia circolare e innovazione verde non solo migliorano la competitività delle imprese, ma offrono benefici concreti:
- energia più autonoma e meno costosa,
- maggiore produttività,
- solidità finanziaria,
- sviluppo equo e sostenibile.
Chi parla ancora di conflitto tra sostenibilità e competitività alimenta una narrazione superata. Le aziende italiane che hanno integrato la sostenibilità nei loro modelli operativi, secondo ASviS, hanno visto crescere produttività, attrattività e performance finanziarie.
Le imprese che credono nella transizione
Secondo Istat, il 38% delle imprese italiane ha già messo in campo iniziative di tutela ambientale. Le più attive? Quelle del manifatturiero, che registrano anche un incremento della produttività tra il 5% e l’8%. Dati confermati da CDP, secondo cui l’economia circolare ha generato oltre 16 miliardi di euro di risparmio nei costi di produzione.
Anche le imprese familiari, secondo Ambrosetti, hanno ben compreso il valore strategico della sostenibilità: il 92% la ritiene vantaggiosa per reputazione e fiducia nel brand. Il problema? L’Italia, pur avendo le potenzialità, non sta facendo abbastanza per rendere questo cambio di passo sistemico.
Guardando al futuro: quattro scenari, un’unica direzione
Il Rapporto presenta quattro scenari al 2035 e al 2050:
- Net Zero: la decarbonizzazione porta inizialmente a un lieve calo del PIL, ma già dal 2045 si inverte la tendenza, con un +3,5% al 2050.
- Net Zero Transformation: politiche strutturali e investimenti portano benefici già dal 2035 (+1,1% PIL) e un netto +8,4% al 2050.
- Transizione tardiva: ritardare costa caro. Il PIL cala del 2,4% e cresce la disoccupazione.
- Catastrofe climatica: senza interventi, il PIL crollerebbe del 23,8% nel 2050 e la disoccupazione raggiungerebbe il 12,3%.
La direzione, insomma, è chiara. Serve accelerare. Ora.
Serve un piano di accelerazione trasformativa
La mancanza di visione nelle ultime misure legislative – dalla Legge di Bilancio 2025 alla revisione del PNRR – ha rappresentato un’occasione persa. Come sottolinea Giovannini, serve un Piano di Accelerazione Trasformativa che includa:
- una scuola in grado di formare cittadini e lavoratori del futuro,
- una sanità più resiliente,
- città che diventano laboratori per l’Agenda 2030,
- un sistema economico che integri la competitività con i beni comuni ambientali.
Essere coerenti è un atto politico
Siamo ancora in tempo. Ma la sostenibilità, quella vera, richiede scelte coraggiose, coerenti e condivise. Le imprese stanno facendo la loro parte. Ora tocca alla politica dotarsi di visione e strumenti all’altezza.
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Consulta il Rapporto di Primavera ASviS 2025 e guarda la presentazione di Enrico Giovannini per comprendere perché sostenibilità e competitività non sono alternative, ma alleate.